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venerdì 25 maggio 2007

dalle parti del Bou Kornine

Domenica sarò qui, nella città del Bou Kornine, o Garnine, come dicono i tunisini del Sud. Sembra che qualcuno abbia ritenuto che valesse la pena di pagarmi un biglietto aereo e un soggiorno a Gammarth per partecipare ad un convegno sull'immigrazione (intanto sono ancora intenta a incollare pazientemente frammenti come in un mosaico, e allo stesso modo il disegno prende lentamente forma nella struttura già tracciata, io lo guardo con lo stupore di ogni scoperta e il senso di compiacimento che si ha per le proprie creature).
Nei primissimi anni del 1900, l'intellettuale tunisino Sadok Zmerli paragonava questo monte, la cui vista caratterizza il panorama di Tunisi a partire dal lago che sfocia nel mare della Goulette, fino a tutta la costa nord, al Vesuvio e al Fujiama. Molto prima che venisse inventato il termine globalizzazione, persone cone Zmerli avevano una vasta cultura e una mentalità cosmopolita, e guardavano già all'Occidente per trarne quello che vi trovavano di buono. Uno degli articoli scritti da Zmerli parla di Sidi bou Said, un piccolo villaggio della costa nord di Tunisi appollaiato sulla cima di una collina rossa a strapiombo sul mare. Zmerli ne citava i magnifici colori, l'origine dovuta allo stabilirsi di un santo in questi luoghi, la passione del Barone d'Erlanger per questo villaggio, per il misticismo di cui era impregnato, per la musica araba, su cui scrisse un'opera in sei volumi considerata ancora fondamentale, tanto da costruirvi un magnifico palazzo, morirvi ed essere ancora ricordato con attaccamento nella memoria orale degli abitanti. I colori, dicevo. Nasceva allora, in seguito ai resoconti di viaggio degli europei, quell'estetica del paesaggio che poi verrà trasfusa nel turismo contemporaneo. Nel 1915 circa d'Erlanger otteneva la patrimonialzzazione di Sidi bou Said, e ne faceva dipingere di azzurro le porte prima verdi e gialle, in quello che diverrà un processo di invenzione della tradizione. Oggi il villaggio di Sidi bou Said è infatti apparentato alla Grecia per il bianco a calce delle case e l'azzurro "tipicamente" mediterraneo, ma quasi nessun turista assiste a quello che per gli abitanti del villaggio rimane un avvenimento di fondamentale importanza. La Kharja, l' "uscita", la processione pubblica dei membri della confraternita 'Aissauia, che cadono in trance identificandosi con animali simbolici e inghiottendo chiodi, pezzi di vetro, e facendo a brani foglie di fichi d'India. Io a questa processione ho assistito quattro volte.

giovedì 24 maggio 2007

entropia vs ordine

Certi giorni il carico delle cose che si sovrappongono è arduo da smaltire. Arriva un tipo che telefona per mettersi a inveire contro qualcuno che sembra non lo abbia pagato, e io non riesco a sentire quello che mi racconta un ragazzo dagli ampi occhi verdi un po' vacui, cose confuse di genitori morti, certificato d'invalidità e documenti lasciati in casa, zii che non lo fanno rientrare, e sta lì a parlare di una sua malattia, a chiederti di aiutarti a trovare un posto per dormire, a cercare di manipolarti mettendo in campo disperazione e sofferenza, poi se ne va. E viene D. che alterna momenti di lucidità ad altri in cui si autodistrugge bevendo, chiede di fare una telefonata, ma ha le mani così sporche che il mio collega non glielo consente, e lui uscendo farfuglia che non ha voglia di lavarsi. Poi torna il ragazzo di prima per fare una telefonata a una donna, che poi è la madre e gli ritelefona, e da frammenti di conversazione sembra di capire che lui fugge da una famiglia probabilmente agiata, perché si sente respinto, si rifiuta di farsi curare un probabile disagio psichico, e non capisci quale delle due cose sia la causa primaria, ammesso che. Le sue parole verso la madre sono cariche di rimprovero e rancore, punisce i suoi autodistruggendosi per strada e cercando di farli sentire in colpa. Persone per cui qui non possiamo fare niente, persone che vogliono farsi del male sfuggendo a ogni tentativo di "aggancio", e quanto tempo ci vorrebbe per loro che la società e le strutture non hanno. Poi apri "Repubblica" e ci trovi un tizio che ha ficcato un cacciavite nella tempia al chirurgo che ha operato sua moglie che è morta, e se se ne va lui sono 1200 persone all'anno che non opererà più. Trovi una maestra che ha scritto la punizione sulla guancia di un bambino. Trovi Attilio Bolzoni che classifica Napoli a un passo prima dell'inferno. Meno male che il "Corriere" ha toni più pacati, e nientemeno che Gian Antonio Stella dice che anche in Campania c'è qualcuno che i rifiuti li riesce a smaltire. E ti senti dire da chi ti sta accanto che quello è un altro mondo e che sarebbe meglio dividere l'Italia, e perché dobbiamo pagare per loro, e che se te ne sei andato ti salvi perché significa che come loro non sei. E a niente serve spiegare che la camorra conviene a tutti, che è un sistema globalizzato, e allora pensi ma sì che ben vengano i Saviano se fanno capire che Napoli è solo la facciata visibile di un sistema che fa comodo a tanti, e che nessuno si potrà chiamare fuori dalle responsabilità, dal politico che ha concesso laute consulenze al cittadino che continua a buttare la spazzatura per terra, e che un sistema di inefficienza istituzionale, e di rabbia autodistruttiva, si perpetuano ancora e ancora senza requie. The boy with the thorn in his side, behind the hatred there lies, a murderous desire for love, canta Morrissey in metropolitana. This is an ordinary life, canta una morbida canzone in piscina, mentre gesti precisi e armonici del corpo ricreano un ordine. Se tutto vacilla, forse avrà un senso cercare di tenere i muscoli saldi. Perché la cura di sé non è solo un discorso disciplinante che assoggetta i corpi, ma una responsabilità che si ha nei confronti degli altri. Vorrei dirlo a Remaury, di cui sto leggendo Il gentil sesso debole e i cui primi capitoli mi stanno un po' tediando e un po' indignando per l'asfitticità e la parzialità della sua analisi, tutta teorica.
(La foto: è stata scattata in Tunisia, dove i bravi cittadini depongono ordinatamente i loro sacchettini di spazzatura per strada alle otto di sera, quando agili camionette passano a ritirarli. La fotografia, un altro modo per mettere a posto le cose).

domenica 20 maggio 2007

al lavoro

inframmezzato da marmellata di fragole alla menta e pepe

film à ne pas rater

  • Come l'ombra, Marina Spada
  • el-Jenna alan, Paradise now, Hany Abu-Assad
  • Il segreto di Esma, Jasmila Zbanic
  • Inland Empire, David Lynch
  • La vita segreta delle parole, Isabelle Coixet
  • Mille miglia lontano, Zhang Ymou
  • Rosetta, Jean-Pierre e Luc Dardenne

letture

  • Amitav Ghosh, circostanze incendiarie, Neri Pozza
  • Aminatta Forna, Le pietre degli avi, Feltrinelli
  • Studio Azzurro. Videoambienti, ambienti sensibili
  • Rick Moody, I rabdomanti, Bompiani
  • Claire Castillon, Veleno, Bompiani
  • Werewere Liking, La memoria amputata, BCD editore
  • Antonio Pascale, La manutenzione degli affetti, Einaudi
  • Simon Ings, Il peso dei numeri, Il Saggiatore

ascolti dalla a alla zebda

  • Aida Nadeem, Out of Baghdad
  • Alessandro Scarlatti, Giovanni Bononcini, "Andate, o miei sospiri"
  • Amine e Hamza M'Rahi, Asfar
  • David Sylvian, Nine horses
  • David Sylvian, tutto
  • Diego Ortiz, Ad Vesperas, Cantar Lontano
  • Domenico Gabrielli, Opera completa per violoncello
  • Emanuela Galli, Gabriele Palomba, Franco Pavan, Languir me fault
  • Eric Truffaz, Mounir Trudi, Face-à-face
  • François Couperin, Leçons de Ténèbres
  • Gianmaria Testa, Extra-muros
  • Henry Purcell, Fantazias, Rose Consort of viols
  • Hildegard von Bingen, Canti estatici
  • J.S. Bach, Soprano Cantatas, Cappella Istropolitana
  • Japan, tutto
  • Marc Antoine Charpentier, Salve Regina
  • Marin Marais, Pièces à deux violes 1686
  • Mario Biondi (essì, Mario Biondi)
  • Paolo Conte, Elegia
  • Ray Lema, Mizila
  • Rose consort of viols, Elizabethan songs and consort music
  • Sonia M'Barek, Tawchih
  • Vengeance du rap tunisien
  • Violent femmes, Violent femmes (purissima goduria)
  • Zebda, Essence ordinaire

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