partecipo al progetto

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sabato 5 maggio 2007

ritratti # 2





Pur avendo notevolmente apprezzato Erwitt, sono stata però più attratta da "Faccia a faccia. Il nuovo ritratto fotografico", da una parte perché i miei personali interessi fotografici vanno attualmente in una direzione più concettuale, dall'altra perché a queste foto

soggiace una serie di complesse riflessioni sullo status del volto ai nostri giorni, da cui scaturisce una serie di immagini dal valore profondamente simbolico e contestatario. Il retroscena a cui queste foto rispondono è ben spiegato da William Ewing, direttore del Musée de l'Elysée di Losanna, che ha realizzato questa mostra appositamente per Forma. Queste foto rispondono ad altre foto, ad altre condizioni sociali e ad altre tecniche che hanno modificato profondamente il modo stesso di narrare attraverso la fotografia. Esse rispondono a volti modificati, ritoccati essi stessi in primis, per fornirci la rappresentazione di un'assenza di soucis, il contraltare di un benessere materiale e di "vite eccezionali" che consentono la soddisfazione di tutti i desideri, "un efficacissimo serbatoio mentale a cui attingere", dice Ewing (che nel frattempo mi sto chiedendo se sia parente di quel James Ewing che ho conociuto in Tunisia, caruccio e carissimo ragazzo, che tuttavia aveva vinto una prestigiosa borsa Fullbright per realizzare delle insipidissime foto architettoniche).
Oggi il compito della fotografia non è più, o piuttosto non solo, quello di mostrare "il volto del proprio tempo", ma una posizione ben precisa in quel campo di battaglia, posta in gioco di lotte, come direbbe Bourdieu, all'intersezione di scienza, tecnologia, industria, commercio, arte, politica. E così i nuovi fotografi simboleggiano il volto come maschera, lo coprono con uno specchio in modo da dimostrare come questo possa tanto nascondere quanto svelare, lo trasformano in paesaggio con sofisticati programmi di morphing, ne mostrano l'avvicendarsi attraverso il tempo costruendo filmati di pochi minuti fatti di foto auto-scattate quotidianamente nell'arco di sette anni, ne rappresentano il mistero sfocando al massimo l'immagine o giocando con rotoli di tessuto che danno l'illusione di volti. Ho apprezzato molto le foto scattate a volti di persone morte, dolcemente avvolte in bianche lenzuola, i muscoli rilassati, espressioni serene e sorridenti, anche se l'impatto è difficile da reggere. Mi sono piaciute le foto iperrealistiche di ballerine di lap dance, il volto protagonista incontrastato dell'inquadratura, così come molte altre immagini in questa mostra, spogliate dei molti riferimenti culturali del corpo, qualcuno residuo nelle capigliature, l'obiettivo impietoso ne che coglie ogni poro, quasi a volerne investigare la nuda umanità. Così anche altri ritratti di persone prese dalla strada e completamente decontestualizzate, anche nella postura di posa, in modo da ritrarne l'effetto di spiazzamento nel venir meno di ogni ancoraggio noto. Belle anche le foto mostrate sul computer dei soldati morti in Iraq, e prese dal sito del New York Times (che non ho colpevolmente appuntato) in sequenza rapidissima, scomposte in quadratini, quasi a voler ricordare il nesso tra la loro morte e la tecnologia. E poi particolarmente apprezzabili sono i ritratti un po' warholiani di personaggi come Schwarzenegger o Michael Jackson, con spiazzanti inversioni del soma. E le foto iperrealistiche e quasi tridimensionali di Bush, Chirac, Blair, le guace rubizze, i colori violenti, gli occhi gonfi di pianto aggiunto dal fotografo, una specie di ritratto di Dorian Gray, in un certo senso, che mostra le conseguenze del loro disumano agire. Dimenticavo le foto scattate ai travestiti thailandesi, costruzioni così minuziose, con il loro fondotinta, le sopracciglia depilate, le labbra nettamente definite dal trucco, che non capisci se risponda più ad esegeze dei clienti o a un modo di voler costruire la propria identità. Ora vediamo queste immagini come strettamente aderenti al presente, ma anche loro ne costituiscono un documento e ne saranno traccia. Ecco, queste foto mi sono piaciute proprio. Ma non ho preso appunti e la mia Nikon è troppo ingombrante per scattare furtive foto clandestine. Per cui ho rimediato comprando un gioiellino Nokia adatto all'uopo (che canta con voce melodiosa e pura e fa tutto tranne il massaggio thailandese al risveglio), ringraziando in cuor mio il ladro che mi ha spinta a tale acquisto. Quindi tornerò a rifare i miei diligenti compitini quando torno per vedermi le foto di "Genesi" di Salgado. Le didascalie mi è stato impossibile aggiungerle, Iskander è in tilt e sto scrivendo con un Mac G3 che è una vera schiuvazione. Ah, anche questa mostra dura fino al 17 giugno. Chi volesse mostrarmi la sua riconoscenza per cotali pregiate informazioni può chiedere a scelta il mio numero di conto corrente per munifiche donazioni in denaro che spenderò in libri, dvd di Internazionale o di e-mik, vestiti in lino e seta o dischi del Cantar Lontano. Oppure il mio indirizzo per consegnare mozzarelle di bufala, cassate siciliane o anche cannoli, vini passiti siciliani, cioccolata modicana, pesti al pistacchio, marmellata di bergamotto o ficodindia, mostarde mantovane, bottarga intera, ceramica raku anche autoprodotta, anellini da piede e cavigliere da khatakhali. Gradito anche caviale iraniano e come ultima ratio pregiatissimi mp3 quasi introvabili soprattutto arabi e rap francese e frutti di bosco colti a mano. Il dono è bello quando é gratuito, ma la reciprocità non è sgradita. Buon weekend...

mercoledì 2 maggio 2007

ritratti # 1







Ieri sono andata a vedere due mostre fotografiche al Forma, la galleria di Contrasto che ha aperto da non molto tempo a Milano, a Piazza Tito Lucrezio Caro, un piccolo quadrato raccolto e quieto impreziosito da un crocchio centrale di alberi centenari e frondosi, cosa rara a incontrarsi. Sembra una sorta di immersione in un tempo altro, anche a causa della presenza di un vecchio deposito Atm, una cui parte ospita proprio il Forma, e poi di rigattieri e negozi che vendono oggetti rari e desueti. Si respira un altro ritmo, rallentato, propizio dunque alla concentrazione richiesta dalla visita a una mostra fotografica, che spesso, quasi sempre, è immersione in un tempo e nei suoi ritmi.
La prima mostra che ho visitato era una personale di Elliott Erwitt, "Io e gli altri", una galleria di autoritratti e ritratti altrui intelligentemente pensata in contrasto concettuale con l'altra, "Faccia a faccia", stavolta una collettiva (e oggetto del prossimo post). Entrambe saranno visitabili fino al 17 giugno.
Mi è venuto da pensare questo vedendo la mostra, prevalentemente composta di ritratti di personaggi entrati nella storia. Oltre alle foto carpite dalla cartella stampa, vi erano ritratti di Marlene Dietrich, Jaqueline Kennedy in gramaglie da vedova, John Kennedy nella sua stanza ovale, Fidel Castro, Che Guevara, Marlon Brando sul set di "Fronte del porto", il laido Henry Kissinger. La foto che più mi ha incantata è quella di Simone de Beauvoir, vestita di scuro, volto dal taglio preciso e dall'espressione sobria, austera, intenta, ma presente, circondata da alcuni oggetti poggiati su di un tavolino su cui poneva la mano, l'altra in grembo, alla sua destra una balaustra di una scala in legno. I capelli, tesi e legati indietro. Un ritratto che a me dava l'idea della temperie interiore che può animare una mente che pensa intellettualmente, nel senso dell'impegno del pensiero in funzione collettiva.
Quasi tutte le foto sono documenti storici. E documenti sociali, anche quando ritraggono sconosciuti, ma la località in cui sono scattate, i dettagli sullo sfondo, ne rivelano il posizionamento sociale.
E' sempre sorprendente vedere in volto lo sguardo di chi è dietro la macchina fotografica. Elliott Erwitt, classe 1928, è nato a Parigi con il nome di Elio Romano, e ha passato la sua infanzia a Milano, per poi andare a New York, indi a Los Angeles, infine di nuovo a New York, dove l'incontro con Robert Capa ha segnato la sua vita, come quella di altri fotografi Magnum. Aria scanzonata da giovane, gran massa di capelli a spazzola ritti in testa, l'aria di chi non prende troppo sul serio né se stesso né gli altri, oggi Elliott Erwitt ha l'aria quieta di un anziano signore qualsiasi in pensione, grossi occhiali dalla montatura metallica, se non fosse per quel sorrisino e quel brillìo quasi impercepibile nello sguardo. I ritratti e autoritratti di Erwitt sono quasi sempre con buffi parrucconi, quasi che non volesse farsi troppo sacralizzare. Erwitt é consapevole che la foto è un furto, che infastidisce le persone, e allora ruba rapidamente, in modo che i suoi soggetti non se ne accorgano. Portare le vite degli altri in pubblico è sempre una questione delicata, ma vi è chi agisce spinto dall'insopprimibile esigenza di farlo. Un atto rispettoso/irrispettoso di sottrazione consapevole e sovente contrita è il tributo pagato da chi agisce ed è agito dall'impulso di raccontare le vite degli altri.

martedì 1 maggio 2007

a piedi nudi nel parco






Un po' di concessione al nombrilisme mentre lavoro a qualche recensione (è che in realtà ancora non mi sono creata un account fotografico).Oggi la parola lavoro non dovrebbe essere pronunciata, ma mi concedo il lusso di scrivere cose che mi interessano e mi

danno piacere creativo al di fuori del campo dell'impegno professionale formale, prima di andare a farmi una scorpacciata di foto al Forma. Poi magari mi pento come succede con tutti i post ombelicali dichiarati e non e lo cancello, non so...







Ah, ne approfitto per fare un po' di pubblicità a mia cognata, orafa che opera a Napoli. Il girocollo è opera sua. E' capace di creare gioielli delicati, poetici, minimali, talora sublimi.

domenica 29 aprile 2007

mucche d'autore










film à ne pas rater

  • Come l'ombra, Marina Spada
  • el-Jenna alan, Paradise now, Hany Abu-Assad
  • Il segreto di Esma, Jasmila Zbanic
  • Inland Empire, David Lynch
  • La vita segreta delle parole, Isabelle Coixet
  • Mille miglia lontano, Zhang Ymou
  • Rosetta, Jean-Pierre e Luc Dardenne

letture

  • Amitav Ghosh, circostanze incendiarie, Neri Pozza
  • Aminatta Forna, Le pietre degli avi, Feltrinelli
  • Studio Azzurro. Videoambienti, ambienti sensibili
  • Rick Moody, I rabdomanti, Bompiani
  • Claire Castillon, Veleno, Bompiani
  • Werewere Liking, La memoria amputata, BCD editore
  • Antonio Pascale, La manutenzione degli affetti, Einaudi
  • Simon Ings, Il peso dei numeri, Il Saggiatore

ascolti dalla a alla zebda

  • Aida Nadeem, Out of Baghdad
  • Alessandro Scarlatti, Giovanni Bononcini, "Andate, o miei sospiri"
  • Amine e Hamza M'Rahi, Asfar
  • David Sylvian, Nine horses
  • David Sylvian, tutto
  • Diego Ortiz, Ad Vesperas, Cantar Lontano
  • Domenico Gabrielli, Opera completa per violoncello
  • Emanuela Galli, Gabriele Palomba, Franco Pavan, Languir me fault
  • Eric Truffaz, Mounir Trudi, Face-à-face
  • François Couperin, Leçons de Ténèbres
  • Gianmaria Testa, Extra-muros
  • Henry Purcell, Fantazias, Rose Consort of viols
  • Hildegard von Bingen, Canti estatici
  • J.S. Bach, Soprano Cantatas, Cappella Istropolitana
  • Japan, tutto
  • Marc Antoine Charpentier, Salve Regina
  • Marin Marais, Pièces à deux violes 1686
  • Mario Biondi (essì, Mario Biondi)
  • Paolo Conte, Elegia
  • Ray Lema, Mizila
  • Rose consort of viols, Elizabethan songs and consort music
  • Sonia M'Barek, Tawchih
  • Vengeance du rap tunisien
  • Violent femmes, Violent femmes (purissima goduria)
  • Zebda, Essence ordinaire

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