une journée quelconque, dans le monde
Arrivo in ufficio, e mi metto a tradurre in inglese la diagnosi di ricovero di A., che deve portare in Egitto dal suo medico, quest'estate. Leggendo, mi rendo conto che abbiamo la stessa età, giusto qualche mese di differenza, ma lui sembra molto più anziano di me. Le tracce sui volti, i denti precocemente invecchiati, lo stazzonamento che si porta come una seconda pelle, i lavori non pagati, eppure usa quelle maniere di negoziare arabe, che conosco bene, gentili e carezzevoli, non devi tradurre tutto insieme, un po' alla volta, un rigo alla volta, c'è tempo. Leggo, e traduco, epilessia, abuso di anfetamine. Chi dice che una cartella clinica è arida è incapace di penetrare segni. Una cartella clinica è, pur nelle sue asperità stenografiche che con qualche pena si sormontano, una traccia di un percorso inscritto in un corpo presente e vivente a chi la redige.
Scendo giù per parlare con una donna che viene dalla Francia, le hanno rubato documenti e carte di credito, cerca un posto dove dormire, un uomo di una certa età l'ha ospitata per due notti e la accompagna per aiutarla, dice di avere problemi politici e di voler sparire dalla Francia per qualche settimana. Non indago ulteriormente. Arriva l'uomo che cerca di avere la cittadinanza italiana, e che ha trovato un lavoro, ma oggi piove e due telefonate vanno a vuoto. Un ragazzo marocchino deve correre a Limbiate per un lavoro ma non sa dov'è, ha un'aria smarrita quando gli diciamo che è fuori Milano.
Mi fermo un po' allo sportello, apro un giornaletto da metro, leggo di un padre che violentava il figlio di tredici e la figlia di dieci, e la madre che diceva di non credere ai figli e li picchiava. Un uomo ha ucciso i genitori e li ha fatti a pezzi, trasportati via in sacchi di plastica, per l'eredità.
Arriva D., i miei colleghi gli dicono "ma sei più pulito del solito" e chiudono la porta di passaggio, mentre lui, dopo aver biascicato come al solito non mi lavo perché non voglio, chiede di ricopiargli i numeri del telefonino perché ha cambiato scheda. Gli altri vanno chi da una parte chi dall'altra, resto l'unica disponibile. Comincio ad annotare e penso infastidita, ma perché non lo fa lui, e poi penso, ma forse questo è un modo per aprire un canale, e glieli copio diligentemente. D. si allontana, io anche e gli lascio il foglietto allo sportello. Quando torno, il mio collega mi dice: "Ha detto che sei stata brava".
Un'ora dopo, passante ferroviario, chiedo della stazione di Certosa e della fermata del tram ad una donna che potrebbe avere qualche anno meno di me, un'aria fresca, qualcosa di infantile nell'espressione. Scopro che è infermiera nello stesso ospedale e reparto in cui devo andare io, che ha il mio stesso nome (quando mi presento e le dico il mio mi dice, pensavo mi stessi prendendo in giro). Mi accompagna gentilmente al reparto temporaneamente dislocato e mi lascia, stringendomi la mano in una morsa, con quella sua piccola e sottile. Ma tutte così, le infermiere, la stretta di mano? E penso che mi fa piacere che una persona con il mio nome lavori lì, quasi potesse essere come una parte di me.
Vado da E., mi dice delle cose che dapprima non capisco, sai, c'è stato un po' di trambusto, quando un paziente decide, si rimane un po', l'ho tenuta tutto il tempo e poi è andata via in un momento, succede sempre così quando le persone muoiono, perché per E. le persone decidono di morire. E io le chiedo quando è successo? Mezz'ora fa, aveva novantaquattro anni, eppure è dispiaciuta, il peso della morte addosso, e dopo un po' arrivano i parenti, e lei chiama la camera mortuaria. Parliamo un po', poi mi dice, devo andare, ci sono i pazienti.
23 commenti:
io non azzecco mai niente qui dentro :-(
non so se commento o mando delle emails...
ma SO che questo post è bellissimo..
well
spero che sono riuscito a commentare -almeno - a night flight kiss :-))
lefty, sei troppo viziato da splinder, ma qui dentro puoi fare tutto quello che vuoi. :)
commento pervenuto, ma i tuoi post sono più belli, a morning kiss anche se dormi con angels and devils ;))
e poi sono LORO ad essere belli, loro che parlano :)
Le persone decidono di morire...
ne ho conosciute!
E mi ricordano la saggezza degli indiani: oggi è un buon giorno per morire...
Bé, facciamo domani... meglio dopodomani.. meglio ancora...!
Meglio!
pure a me mi ha colpito che le persone decidono di morire. lo penso spesso, ho visto farlo.
quanta roba c'è qui dentro, che dire bello non ci azzecca. è un brulichìo, un formicaio, è senso di impotenza e piccola goccia.
mi piace che hai un blog, mi piace leggerti, mi piace anche pensare che cci sono fili sottili tra le persone, che le casualità non esistono, che ci si incontra sempre, in qualche modo, si condividono strade e passaggi.
(stamattina sto romantica assai)
mirco, prima di morire, pensiamo a vivere, che altrimenti siamo già morti prima:)
flo, anche a me piace leggerti, e uno dei motivi, ma ce ne sono tanti, é la napoletanità che scaturisce spontaneamente dal racconto,senza calcarelamano, naturalmente, dalle interazioni, dalle riflessioni.
Più che di sentirmi dire che quello che ho scritto è bello, che sì fa piacere, mi interessa farmi rimandare uno sguardo o sensazioni. Qui ad esempio quando scrivevo pensavo ad una serie di cose che mi vorticavano intorno.
Sì, ci si incontra, si condivide, ma bisogna essere desti a cogliere, intenti a cercare. E che bellezza spesso, gli spazi che si aprono (anche io sono sentimentale, e spesso).
una buona giornata
B.
Wow, ma che lavoro fai??
ah dimenticavo la piccola goccia, metafora appropriata. è quel poco che abbiamo, ma senza la quale tutto sarebbe travolto, mi capita di pensare.
fg che vuoi che faccia, vedo gente faccio cose... ;) nel caso in questione un'attività di mediazione/assistenza, ma sto per finire, poi di tutto un po' (per saperne di più vedi il post entropia): intellettualprecaria all'estenuante ricerca di ancoraggi, ma costretta a fare acrobazie da Tarzan (da una liana all'altra, finché ne trovo). ciao :)
Ah, praticamente stai come me.
sorella nella precarietà ;)... d'altra parte è una situazione piuttosto diffusa...
Questo bellissimo post mi ha un po' rattristato: io non faccio un cavolo di niente per nessuno.e probabilmente, se non rivolto la mia vita come un calzino, non lo farò mai. :(
egregio anonimo, non si è firmato e quindi questo ruolo improvvisato di posta del cuore mi fa sentire un po' a disagio. nemmeno io credo di fare chissacchè, ma insomma, considerare la propria vita un calzino, suvvia, secondo me già non fare del mare agli altri ed essere gentili e compassionevoli è molto in questa valle di lacrime (e questo sì, comunque, richiede un certo sforzo, è faticoso). sua Liala (in questo momento non mi vengono in mente nomi più appropriati e mi sento un tantino saccarosica).
mare al posto di male, bel lapsus....
interpretazioni gradite :)
lo conosco quell'anonimo, è un cinico esperto in lacrime di coccodrillo.Pensa che a volte non apre nemmeno agli amici che lo vanno a trovare.Però il tuo post gli è piaciuto. mare come madre, minimo. :)
D
con semplicità, mostrandoci la realtà, ci parli di cose quali l'immigrazione, la tolleranza, la morte,
tu questo lavoro lo svolgi molto bene
ci metti anche un pizzico di cuore
dido, ma come, lo faccio con il cuore in mano!!!! (che impressione...)
Un saluto alla vecchina di 94 anni...
siete proprio teneri :))
le infermiere sono FORTI in tutti i sensi, anche quelle dall'aspetto più gracile.
sono forti dentro e fuori, ho potuto constatarlo di persona in diverse occasioni.
W florence nightingale!
sì pan, le infermiere aiutano a sostenere il mondo, e io sto rimappando la mia cartografia personale del peso simbolico ed ontologico delle persone, sperando di non farlo in modo troppo estremo :)
Buon fine settimana!
Ciao!!!!!!!!
sigh sob grazie mirco ma sono alla catena.... :((
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