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martedì 15 maggio 2007

Torino #2. Tra esperienza e narrazione

Questo dei confini tra finzione e non finzione, tra narrazione e reportage, che si è svolto domenica a Torino con Francesco Piccolo, Mauro Covacich, Massimo Gramellini è a mio avviso uno dei momenti di incontro più interessanti, anche se non ho seguito presentazioni eclatanti come quella del libro della figlia di Che Guevara o di Vladimir Luxuria. Penso che il contributo degli scrittori che sono intervenuti possa apportare stimolanti motivi di riflessione alla questione. Francesco Piccolo afferma che lo scrittore non fa mai giornalismo, dal momento che il giornalista compie (anche se io non sono d'accordo che ciò accada sempre) un'operazione di oggettività, inserendo nel suo articolo solo i fatti, per poi lasciar decidere al lettore. Lo scrittore, invece, si mette sempre dentro il testo, e qui Piccolo fa riferimento al Truman Capote di "Sangue freddo". Lo scrittore prende dunque posizione. Interessante è inoltre l'idea di una narrazione non definita, che invece di andar dritta al cuore dei fatti prende strade laterali, da una parte cercando di raccontare cose che interessano allo scrittore, dall'altra usando queste cose per arrivare in un altro modo al centro del racconto. Il rapporto tra lo scrittore e la narrazione è di necessità. La tematica da trattare non gli viene assegnata, lo scrittore è mosso dall'esigenza di capire facendo un'esperienza, chi è lo scrittore in seno a quell'esperienza, comprendere il rapporto tra somiglianza e diversità. Il rapporto tra vivere e pensare, dice Piccolo, fa parte della necessità di chi scrive, che pensa "questo mi riguarda", e non può fare a meno di stare dentro le cose.
Interessante anche l'intervento di Covacich, tantopiù in quanto riguardava un'immersione in una dimensione di "alterità" qual'é quella dei portatori di disagi psichici, che per lui ha costituito un'esperienza di limite. Qui Covacich si focalizza sulla curiosità. "Ero famelicamente curioso di quelle persone e di chi stava loro accanto". Covacich traccia una differenza nella resa del testo e nella posizione assunta tra studioso e scrittore. Mentre lo studioso tende a dare una visione esauriente, ha l'impressione di controllare tutto il campo d'indagine, la forza dello scrittore sta a suo avviso nel mostrare i limiti della conoscenza, trovarsi di fronte all'inconoscibilità. La necessità, per Covacich, non nasce solo dal bisogno dello scrittore di informare, ma di trasmettere, di far sentire, cercare le sue sensazioni e condividerle. Il racconto si configura così come l'unico modo di spiegare le proprie sensazioni. Scrivere è "andare nei posti, essere colpiti da cose e facce, ossessionati dal fatto di dover scrivere", e in questo non vi è opposizione, a suo avviso, tra finzione e non-finzione, che confluiscono entrambe a partire da questi elementi in una visione unitaria della letteratura. In un racconto infatti l'esperienza viene trasfigurata in invenzione, il racconto e la scrittura costituiscono uno strumento di conoscenza, lo scrittore diviene un tramite tra mondi e allo stesso tempo la scrittura diviene una esplorazione del Sé. Covacich lancia la provocazione che "forse oggi, in un mondo dove tutto si fa storia e racconto, dove prevale la simulazione e tutto è invenzione, gli scrittori paradossalmente non dovrebbero più scrivere".
Si finisce inevitabilmente a parlare di Roberto Saviano, citando il provocatorio schieramento di Paola Mastrocola per il "Club degli Ippogrifi", cioé il mondo della fantasia e del mito. Gramellini dichiara che a lui non piace la letteratura dell'indignazione, che preferisce un taglio obliquo, l'ironia, lo sguardo straniato, uno sguardo che in un angolo della sala riprende la scena.Piccolo difende la scrittura di Saviano, dicendo che anche in lui è presente un percorso di conoscenza, e un rapporto con la realtà. Ma anche lui non è a favore del racconto dell'indignazione, che è "quello dei giusti, di quelli che hanno già deciso", e preferisce raccontare qualcosa di più problematico, di meno concluso, delle parti oscure. Se nel primo tipo di racconti il lettore si rispecchia e vede in sostanza confermato il suo pensiero, non occupandosi più della realtà, uscendone de-responsabilizzato, nel leggere scrittori che gli mostrano la parte oscura non può più essere deresponsabilizzato, è chiamato ad impegnarsi. Covacich afferma che il libro di Saviano gli è piaciuto molto perché si sente la necessità, perché l'autore ha saputo raccontare delle persone che stanno morendo. E allo stesso tempo dichiara di non schierarsi unicamente a favore del realismo, dal momento che si può far sentire anche attraverso le invenzioni, che queste possono farci capire meglio cosa succede, dirci qualcosa che non sappiamo.
Ora, a parte tutta una serie di riflessioni che queste considerazioni mi hanno fatto venire riguardo alle intersezioni tra la scrittura antropologica e altre forme narrative di scrittura, e sulle modalità e scelte e direzioni della mia scrittura, dal momento che mi interessa cogliere gli aspetti della narrazione in generale, io in questi discorsi ci vedo anche molte cose che riguardano il modo di raccontare nei blog. Chiunque li legge potrà farci le sue riflessioni e magari capire qualcosa di più su cosa lo/la spinge a narrare, a scrivere, intravedendo altri strati del proprio fare e pensare. Una prima conclusione che se ne può trarre (che comporta a sua volta numerose implicazioni), e che sembra quasi scontata, ma che non lo è affatto, è che la narrazione in forma scritta e pubblica diventa una pratica quotidiana.
(la foto: la vedo come un modo di mostrare in immagine il rapporto tra chi viene osservato e chi osserva, che è dentro il campo di osservazione e al tempo stesso non può fare a meno di osservarsi nel suo osservare, né dell'essere osservato, e tutto rientra nel campo della riflessione, e lo specchio come metafora di tutto questo ci sta proprio bene, a mio avviso).

14 commenti:

Anonimo ha detto...

Ma tu, se puoi dirlo, per quale editore lavori?
(Ti abbiamo appena linkata)

barbara68 ha detto...

stf, obrigada. al momento sto lavorando per Garzanti e Utet, ho fatto anche una traduzione per Cea, che è una branca medico-infermieristica della Zanichelli.

Anonimo ha detto...

Ti avevo scritto un lungo commento articolato che non me lo inserivano...
te ne scrivo uno più sintetico:
dire che il giornalista obiettivo è quello che racconta i fatti
è da semianalfabeti
lo sa anche un ragazzino che il fatto nudo e crudo serve per coprire la realtà
Piccolo non lo solo di nome ma anche di fatto....
Con tutto il rispetto per i piccoli s'intende!

barbara68 ha detto...

peccato mirco mi sarei letta volentieri il commento lungo! sì in effetti la contrapposizione era un po' drastica. un giornalista può lasciar passare una sua visione dei fatti semplicemente attraverso una selezione dei dati da inserire nell'articolo o un'interpretazione che è in realtà un vero e proprio testo a parte. Nel caso specifico Piccolo si riferiva al caso dei bambini sospettati di abuso, e può aver ragione, ma da qui a farne una metonimia ce ne corre. Secondo me lui si contra-pone in ragione di una rappresentazione della sua identità di scrittore reporter. Ma per il resto a mio avviso il suo modo di vedere è piuttosto acuto.

Anonimo ha detto...

Il rapporto tra vivere e pensare fa parte della necessità di chi scrive, che pensa "questo mi riguarda", e non può fare a meno di stare dentro le cose.

Scrivere è "andare nei posti, essere colpiti da cose e facce, ossessionati dal fatto di dover scrivere"

l'esperienza viene trasfigurata in invenzione

Ciao Barbara, sempre bello leggerti!
Yz :-)

barbara68 ha detto...

grazie Yzma, ma il merito è tutto di chi ha detto queste cose, io mi sono limitata a prendere appunti :-)

Anonimo ha detto...

Purtroppo il mio parzialissimo giudizio si basava sull'affermazione di Piccolo che tu hai riportato...
Se io giornalista riporto il fatto che oggi in Iraq è scoppiata una bomba che ha ferito due soldati italiani
primo non è vero che sono oggettivo
secondo non è vero che io non ho dato un giudizio ma lascio il lettore libero di giudicare...
In realtà io ho nascosto dietro quel fatto la "realtà" di soldati che si trovano in un paese straniero a difendere le terre che dovranno a fine guerra essere sfruttate dalle compagnie petrolifere italiane
Alla faccia dell'informazione e dell'obiettività..
E ho anche giudicato che questa "realtà" è meglio non raccontarla...

P.S.
Una volta i grandi scrittori venivano prestati alla stampa
oggi piccoli giornalisti si spacciano per grandi scrittori!!!

barbara68 ha detto...

mirco sul giornalismo sono pienamente d'accordo con te. ovviamente quando parlavo di metonimia mi riferivo a Piccolo. Credo che ci siano giornalisti che scrivono bene o sanno fare bene il loro mestiere, e alcuni tra i miei più cari amici sono giornalisti, ma troppo spesso leggo cose che mi fanno mettere le mani nei capelli e/o indignare, e/o trasecolare, pure bestialità enunciate con grande convinzione ed esagerato senso di autoconsiderazione da chi dovrebbe avere innanzitutto un enorme scrupolo deontologico e il senso della responsabilità degli effetti delle cose che dice. Tanto per fare un esempio, l'immagine data del mondo arabo-islamico ha fatto danni enormi di cui riscontro continuamente i risultati nel mio lavoro di ricerca. è vero che in casi di processi controversi come anche quello di Cogne credo che più che presentare fatti la tendenza alla spettacolarizzazione porti a generare un'enorme confusione nella testa del lettore, perlomeno nella mia.
ci sono sicuramente giornalisti che si credono grandi scrittori senza esserlo, il problema è che ci sono anche piccoli scrittori che si credono e vengono acclamati come significativi solo per tutta una incredibile serie di scambi di favori e di piaggerie. anche su questo ci sarebbe da dire, a Torino ho sentito delle cose che mi hanno fatto drizzare i capelli (e pensare che faccio tanto per allisciarli).

Anonimo ha detto...

Grazie della risposta, cara.

barbara68 ha detto...

stf, ma prego, ci mancherebbe. però sono curiosa di sapere perché eravate curiosi, eh eh. passo a trovarvi quando sarò meno ingolfata :-))

Unknown ha detto...

io adoro Gramellini
Carolina

barbara68 ha detto...

io non lo conosco bene, ma mi sembra un tipo aimable e che dice le cose con leggerezza, e condividevo abbastanza le sue opinioni

Anonimo ha detto...

qualche galassia fa covacich si stava attaccando con fofi che non lo conosceva, poi spiegarono a fofi chi era e si calmarono, io mi gustai tutta la scenetta
queste son soddisfazioni :-)

barbara68 ha detto...

eh dido qualche scenetta (pietosa) l'ho vista anche io, ne parlerò nelle prossime puntate... peccato che non sei venuta, ci facevamo quattro risate insieme.... :)

film à ne pas rater

  • Come l'ombra, Marina Spada
  • el-Jenna alan, Paradise now, Hany Abu-Assad
  • Il segreto di Esma, Jasmila Zbanic
  • Inland Empire, David Lynch
  • La vita segreta delle parole, Isabelle Coixet
  • Mille miglia lontano, Zhang Ymou
  • Rosetta, Jean-Pierre e Luc Dardenne

letture

  • Amitav Ghosh, circostanze incendiarie, Neri Pozza
  • Aminatta Forna, Le pietre degli avi, Feltrinelli
  • Studio Azzurro. Videoambienti, ambienti sensibili
  • Rick Moody, I rabdomanti, Bompiani
  • Claire Castillon, Veleno, Bompiani
  • Werewere Liking, La memoria amputata, BCD editore
  • Antonio Pascale, La manutenzione degli affetti, Einaudi
  • Simon Ings, Il peso dei numeri, Il Saggiatore

ascolti dalla a alla zebda

  • Aida Nadeem, Out of Baghdad
  • Alessandro Scarlatti, Giovanni Bononcini, "Andate, o miei sospiri"
  • Amine e Hamza M'Rahi, Asfar
  • David Sylvian, Nine horses
  • David Sylvian, tutto
  • Diego Ortiz, Ad Vesperas, Cantar Lontano
  • Domenico Gabrielli, Opera completa per violoncello
  • Emanuela Galli, Gabriele Palomba, Franco Pavan, Languir me fault
  • Eric Truffaz, Mounir Trudi, Face-à-face
  • François Couperin, Leçons de Ténèbres
  • Gianmaria Testa, Extra-muros
  • Henry Purcell, Fantazias, Rose Consort of viols
  • Hildegard von Bingen, Canti estatici
  • J.S. Bach, Soprano Cantatas, Cappella Istropolitana
  • Japan, tutto
  • Marc Antoine Charpentier, Salve Regina
  • Marin Marais, Pièces à deux violes 1686
  • Mario Biondi (essì, Mario Biondi)
  • Paolo Conte, Elegia
  • Ray Lema, Mizila
  • Rose consort of viols, Elizabethan songs and consort music
  • Sonia M'Barek, Tawchih
  • Vengeance du rap tunisien
  • Violent femmes, Violent femmes (purissima goduria)
  • Zebda, Essence ordinaire

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