palazzo yacoubian
Ho letto Palazzo Yacoubian in tre giorni. Ieri ho deciso che non mi sarei alzata dalla sedia finché non l'avessi finito. 'Ala al Aswani è un magistrale narratore, che tiene con consumata sapienza le fila delle storie di diversi personaggi, spezzettate in piccoli paragrafi che lasciano il lettore in sospeso, e con la voglia di procedere velocemente e a lungo per saperne di più. E' un fine conoscitore e tracciatore di psicologie, che descrive i suoi personaggi distinguendo la facciata dalla personalità che vi si cela dietro. Personaggi dalle molte facce in realtà, poiché mostrano una personalità dinamica, che muta al variare delle situazioni. E' bravissimo, a mio avviso, a mettersi nei panni di una donna, e anche di un gay, nel senso di descrivere i loro sentimenti, motivare le loro azioni. La diffusa definizione di comédie humaine per questo romanzo mi lascia perplessa. Ricondurre al noto può essere un'operazione di traduzione, un modo di dire che gli altri, per quanto lontani sembrano, sono come noi. Ma può essere anche una riduzione, che non mette in luce le specificità della narrazione. Leggo la citazione di una recensione sulla quarta di copertina, e un vago senso di malessere mi coglie a causa della tipizzazione dei personaggi, quasi una loro ontologizzazione: una prostituta, un terrorista islamico, un giornalista gay...
In realtà quello che al Aswani mette in luce sono una serie di dinamiche e complessi contesti che costituiscono una parte consistente dello sfondo dell'Egitto di oggi.
Per Taha, il "terrorista", è il sistema di stratificazione sociale rigido, penetrabile solo dalla corruzione, a far sì che il ragazzo, figlio dell'umile portiere dell'immobile Yacoubian, si veda rifiutato a causa di questo l'ingresso in polizia. Stanco delle umiliazioni, dell'essere in disparte, trova rifugio come tanti, tantissimi, in un irrigidimento della devozione religiosa, in un sistema di senso che gli dà conforto, lo spinge ad alzare la testa, gli dà le chiavi di accesso ad una critica e contestazione del sistema esistente. Se non si comprende questo, se non si comprende il cocente senso di delusione per le mancate promesse della modernità e della democrazia, non si comprendono i dilaniamenti del mondo arabo contemporaneo, in cui in molti paesi si è intrappolati in un perverso meccanismo. La mancanza di democrazia ha fatto nascere l'islamismo, ma l'islamismo attuale non consente elezioni democratiche, perché queste porterebbero con gran probabilità all'instaurazione di governi islamici letti dalla sharia''. Catturato dalla polizia, torturato e umiliato, Taha si vota alla morte, dopo essere già stato ucciso socialmente, in molti modi.
La storia di Hatim bey, il giornalista gay, è una storia di omofobia e di ipocrisia sociale al tempo stesso. Mostra come due persone, Hatim e il suo amante, passino dall'affetto a un mortale conflitto, per i sensi di colpa del secondo, che gli impediscono di vivere serenamente la sua omosessualità. E mostrano come sia dura la vita di una persona che è costretta a cercarsi amanti occasionali, dai quali viene magari maltrattata e derubata, e tutto il suo fondo di disperazione compresso che alla fine erompe in modo distruttivo.
Ma i personaggi che mi interessano di più sono le due donne, Bouthaina e Su'ad. Bouthaina non è una prostituta, è piuttosto una donna costretta ad accondiscendere alle molestie sessuali, un fenomeno amplissimo e sottaciuto nel mondo arabo. C'è chi me ne ha raccontato qualcosa. Nel mondo dell'insegnamento, del lavoro, capita alle donne con elevatissima frequenza di essere soggette ad avances più o meno velate o insistenti. Bouthaina non è dunque che una vittima di una vastissima ipocrisia sociale, costretta a cedere per far sopravvivere la famiglia, e con l'obliquo beneplacito della madre. Su'ad è una vedova che si sposa con il ricco Hagg Azzam, più recitando la parte della concubina clandestina che della moglie, per mantenere il figlio. Il suo tentativo di riscattarsi e acquisire legittimità cercando di avere un figlio, al quale spetterebbe un riconoscimento ufficiale e parte dell'eredità, viene stroncato con brutalità. Entrambe sono donne costrette a concedersi sessualmente agli uomini, e la sostanza non cambia se nel secondo caso è in forma legale, per questioni di sopravvivenza.
Il romanzo mostra chiaramente l'intreccio tra corruzione, disonestà e ipocrisia religiosa, di cui Hagg Azzam, che vende vestiti islamici e distribuisce carne ai poveri, è un lampante esempio. E dietro il "gran capo" al vertice di un capillare sistema di tangenti non è improbabile che si alluda al Presidente in persona.
Palazzo Yacoubian fornisce il quadro di un'umanità desolante, in cui anche uno storpio può usare la sua infermità per manipolare e imbrogliare, e in cui le persone sembrano poter cambiare solo in peggio. Eppure il finale mostra una sorprendente apertura alla possibilità di riscatto, di amore e poesia, alla possibilità che esistano uomini sensibili e delicati. E non ho raccontato di Zaki bey, che è il personaggio più sorprendente, perché voglio che lo scopra chi legge il libro. E' un caso se Zaki, il personaggio migliore del romanzo, è il discendente di una famiglia dell'entourage beilicale, che rimanda a un'Egitto plurietnico e plurilinguistico, per il quale al Aswani sembra avvertire della nostalgia? Alla storia trovo però due pecche: il non aver fatto accenno alcuno al fenomeno dell'escissione, che sembra riguardi in Egitto una percentuale di donne vicina al novanta per cento. E che si parli in maniera riduttiva del conservatorismo islamico che sembra estendersi in Egitto sempre di più, riconducendolo ad una deriva terroristica, e non mostrandone la penetrazione nel quotidiano. Ciononostante, è sicuramente uno dei migliori libri di narrativa che siano apparsi almeno da due anni a questa parte.