partecipo al progetto

partecipo al progetto
ibridamenti.splinder.com

venerdì 7 settembre 2007

Londonstani

Gautam Malkani è minuto, l'aria gentile, e nonostante sia stanco si spende generosamente per spiegare la natura delle relazioni etniche a Londra, la subcultura hip hop dei giovani British Asians. Mi fa pensare a Jas, l'io narrante del suo libro, un adolescente quasi giunto a maggiore età, timido e studioso, che viene "adottato" da una crew di giovani gangsta, il cui capo, Harjit, è un muscolosissimo sikh che pratica quattro arti marziali. I suoi amici, Gautam li ha intervistati, poi da queste interviste è venuta fuori la tesi di laurea in Scienze Politiche a Cambridge, e infine l'idea di scrivere un romanzo, perché troppo rimaneva fuori. Eppure è modesto, del libro, della macchina narrativa, non gli interessa raccontare, gli preme descrivere una realtà, gli occhi lievemente febbricitanti per questo. Mi interessa molto questo tipo di scrittori ben preparati dal punto di vista concettuale, che non pongono cesure nette tra analisi e narrazione, due componenti che si rafforzano reciprocamente, con la narrazione che ne trae forza descrittiva ed evocativa. Londonstani andrebbe letto in inglese, uno slang serratissimo infarcito dei termini hindi, punjabi e urdu che i giovani British Asians hanno recuperato. La traduzione, purtroppo e necessariamente, non può rendergli giustizia. Leggerlo è veramente arduo, ma ne vale la pena per chi può. Io ho cominciato in inglese, ho proseguito in italiano per sveltirne la lettura in vista dell'intervista, e ora finirò in inglese. E' veramente gentile Gautam, alla fine dice a me e anche al traduttore, un insegnante di storia e filosofia che fa il volontario al Festivaletteratura da quattro anni, di farci dare il suo indirizzo, e di andarlo a trovare se passiamo da Londra. Continua a vivere a Hounslow, il sobborgo di Londra solcato dagli aerei che fanno base a Heathrow. Spero che rimanga così, che il successo non lo corrompa. Una figura, del libro, mi piace ricordare, in questi tristi giorni di compatti e trasversali sollevamenti xenofobi nutriti di slogan che sostituiscono i ragionamenti, tesi a eliminare qualsiasi marginalità, qualsiasi forma di contestazione al potere, qualsiasi pratica che disturbi un'idea di ordine sociale, non fosse che con la sua visibilità. Perché a me sembra che questo, soprattutto, si voglia eliminare, la visibilità dei marginali. La lezione di Mary Douglas è ancora pienamente valida. Il disordine, vale a dire ciò che non è classificato,che è appunto fuori dai confini, fuori dai margini, è avvertito come pericolo. E dunque, che si ristabilisca la purezza, e con essa l'ordine. Penso alle due prostitute rumene uccise, fatte a pezzi, di cui si è data notizia oggi, agli zingari sgomberati ieri a Milano, i bambini che frequentavano la scuola, e ora? La figura, dicevo, di Mister Ashwood, ex insegnante dei ragazzi della crew, pervaso ancora da una indomabile spinta all'impegno sociale, le pareti tappezzate di foto degli alunni della sua scuola, e che cerca di far di tutto, anche quando sono diventati dei teppisti, anche quando lo insultano, per far capire loro che possono arrivare da qualche parte solo impegnandosi nello studio, passando per le istituzioni.

mercoledì 5 settembre 2007

vado a Mantova

Ho cominciato a seguire il Festivaletteratura di Mantova fin dalla prima edizione, mancandone, credo, solo un paio. E devo confessare che ne sono abbastanza sazia e stanca per una serie di motivi che non mi dilungo qui ad esporre, senza contare che avrei cose piuttosto importanti da fare e che devo posporre. Spero, una volta che sarò lì, di ritrovare l'incanto delle squisite geometrie architettoniche mantovane, delle piazze perfette, l'effervescenza nell'aria, il piacere del crogiolarsi al tepore del giorno nella piazza del Palazzo ducale. Forse nei prossimi giorni sarò qui, nelle pagine culturali. Lascio intanto una poesia di Yves Bonnefoy, che sarà a Mantova, tratta da Les planches courbes, appena uscito per Mondadori (si può trovare un commento di questo libro qui, dove si potrà anche constatare il livello d'insegnamento della letteratura nei licei in Francia, traendone le dovute conclusioni).

Hier, l'inachevable

Notre vie, ces chemins
Qui nous appellent
Dans la fraîcheur des près
Où de l'eau brille

Nous en voyons errer
Au faîte des arbres
Comme cherche le rêve, dans nos sommeils
Son autre terre

Ils vont, leurs mains sont pleines
D'une poussière d'or,
Ils entreouvrent leurs mains
Et la nuit tombe.

domenica 2 settembre 2007

La marcia del romanzo attraverso la storia

"Da bambino passavo le vacanze nella casa di mio nonno a Calcutta,ed è stato là che ho cominciato a leggere. la casa di mio nonno era un luogo caotico e rumoroso, popolato da un gran numero di zii, zie, cugini e domestici, alcuni bizarri, altri semplicemente eccentrici, ma quasi tutti molto eccitabili. Eppure in quella casa ho imparato sulla lettura più di quanto abbia appreso negli anni di scuola". Così inizia il saggio di Amitav Ghosh, dal titolo citato in alto, contenuto nella recente raccolta di reportages e scritti Circostanze incendiarie, pubblicata di recente da Neri Pozza. Attraverso l'introduzione, che risucchia il lettore in una narrazione familiare, Ghosh racconta, attraverso l'elenco di alcuni libri presenti nella biblioteca domestica, la penetrazione del mondo in casa sua, intrecciando la biografia con un ambito di circolazione globale delle idee. C'erano Il ramo d'oro, le opere di Freud, Marx, Engels, Malinowski, capolavori della letteratura europea ottocentesca e novecentesca, persino Grazia Deledda, tutti i testi dei premi Nobel. Questi, per Ghosh, sono l'espressione di una "letteratura universale, una forma di espressione artistica che dà corpo a differenze di luogo e cultura, emozioni e aspirazioni, ma in modo tale da renderle comunicabili", un modo di tradurre cultura, di rendere concepibili vite immaginate in altri angoli di mondo, in modo da sfuggire al confinamento in un "tetro provincialismo".
Ghosh a questo punto però rileva una contraddizione, e cioè il fatto che i romanzi si fondano su un "mito di parrocchialità", vale a dire il rinchiudersi delle storie attorno a mondi dai confini culturali apparentemente netti e precisi. Una forma che sembra essere favorevole al rafforzamento della rappresentazione simbolica degli Stati nazione mediante una operazione di localizzazione, proprio nel momento in cui questi si dislocano e ampliano con l'acquisizione delle colonie, eliminando però questo spazio esterno, come bene ha messo in rilievo Franco Moretti.
Ghosh ricorda così che scrivere un romanzo, alla stregua di un lavoro di ricerca sociale, è frutto di un lavoro di selezione di elementi che concorre a comporre un quadro apparentemente coerente, e che per percepire l'ambiente circostante "bisogna distanziarsi da esso", compiendo quindi "un gesto di dislocazione", innanzitutto di ordine cognitivo, fuoriuscendo dalla doxa, dalle regole del gioco sociale che hanno apparenza di fatti naturali e taken for granted.
Eppure, proprio Ghosh è stato uno dei primi a spezzare la corrispondenza tra il decentramento cognitivo e la localizzazione narrativa ne Lo schiavo del manoscritto. Oggi i teorici del postcolonialismo caldeggiano la rappresentazione dell'ibridazione culturale. Molte le domande che sorgono intorno a questa tematica. E' giusto, e se sì come fare entrare il globale nel locale, come gli scrittori transnazionali, ad esempio Salman Rushdie o Jumpha Lairi vanno facendo? E' un compito che possono svolgere solo gli scrittori che già sono dentro un'alterità postcoloniale o anche quelli che si sono formati in un luogo più a lungo definito da una coerenza di rappresentazioni localizzanti? E se mettiamo, un italiano decide di aprire un suo romanzo a questi orizzonti, come dovrà attrezzarsi a farlo, senza correre il rischio di cadere in rappresentazioni stereotipate? Il saper guardare alla propria cultura con distacco porta con sé anche un saper guardare l'altro? E ancora, leggere libri di altri luoghi e prospettive culturali basta in sé a fare acquisire una distanza cognitiva? Oppure, perché gli scrittori la acquistano e altri eventualmente no? Quali sono i contesti, quali sono i processi? Porsi domande, ovviamente, significa analizzare una situazione, intravvederne gli spazi lasciati aperti a nuove e forse diverse immissioni di significato, rilevarne la complessità e l'indeterminazione al di là dell'apparente semplicità e completezza che il testo dà l'impressione di avere. Buona domenica, buona settimana, buona rentrée.

film à ne pas rater

  • Come l'ombra, Marina Spada
  • el-Jenna alan, Paradise now, Hany Abu-Assad
  • Il segreto di Esma, Jasmila Zbanic
  • Inland Empire, David Lynch
  • La vita segreta delle parole, Isabelle Coixet
  • Mille miglia lontano, Zhang Ymou
  • Rosetta, Jean-Pierre e Luc Dardenne

letture

  • Amitav Ghosh, circostanze incendiarie, Neri Pozza
  • Aminatta Forna, Le pietre degli avi, Feltrinelli
  • Studio Azzurro. Videoambienti, ambienti sensibili
  • Rick Moody, I rabdomanti, Bompiani
  • Claire Castillon, Veleno, Bompiani
  • Werewere Liking, La memoria amputata, BCD editore
  • Antonio Pascale, La manutenzione degli affetti, Einaudi
  • Simon Ings, Il peso dei numeri, Il Saggiatore

ascolti dalla a alla zebda

  • Aida Nadeem, Out of Baghdad
  • Alessandro Scarlatti, Giovanni Bononcini, "Andate, o miei sospiri"
  • Amine e Hamza M'Rahi, Asfar
  • David Sylvian, Nine horses
  • David Sylvian, tutto
  • Diego Ortiz, Ad Vesperas, Cantar Lontano
  • Domenico Gabrielli, Opera completa per violoncello
  • Emanuela Galli, Gabriele Palomba, Franco Pavan, Languir me fault
  • Eric Truffaz, Mounir Trudi, Face-à-face
  • François Couperin, Leçons de Ténèbres
  • Gianmaria Testa, Extra-muros
  • Henry Purcell, Fantazias, Rose Consort of viols
  • Hildegard von Bingen, Canti estatici
  • J.S. Bach, Soprano Cantatas, Cappella Istropolitana
  • Japan, tutto
  • Marc Antoine Charpentier, Salve Regina
  • Marin Marais, Pièces à deux violes 1686
  • Mario Biondi (essì, Mario Biondi)
  • Paolo Conte, Elegia
  • Ray Lema, Mizila
  • Rose consort of viols, Elizabethan songs and consort music
  • Sonia M'Barek, Tawchih
  • Vengeance du rap tunisien
  • Violent femmes, Violent femmes (purissima goduria)
  • Zebda, Essence ordinaire

Etichette