Teorema: l'esercizio della professione giornalistica fa bene al portafogli e anche alla cultura.
Dimostrazione del punto 1: l'altro giorno mi accingevo a intervistare Philippe Besson, e mentre transitavo per la Stazione Centrale, anche a passo piuttosto veloce, per ingollare un happy meal in 5 mn alle ore 15, qualcuno ha aperto il mio ufficetto portatile à dos, di due scomparti, con cerniere lunghe un metro. benedetti ladri, ora nemmeno a milano si sta più sicuri. ma non sono riusciti a prendere il mio magnifico portafogli rosso stampato lucertola tipo vecchia zitella (peraltro con dieci euro dentro, da buona napoletana) perché era infilato in un taschino ben protetto dall'ultimo libro di Philippe Besson, Un ragazzo italiano (Guanda). Naturalmente ho ringraziato lo scrittore per il favore. Leggere questo libro è stato veramente molto significativo per me, dove lo trovo un altro portafogli così?
Dimostrazione del punto 2: conclusa l'intervista e uscita dall'albergo, situato in un punto milanese veramente strategico, mi sono fermata come di consueto alla bancarella che sconta libri in anteprima al 40% e ho acquistato Barry Miles, Beat Hotel, Diario indiano di Allen Ginsberg (ma questi, entrambi Guanda, erano destinati a
qualcun altro), poi Circostanze incendiarie di Amitav Ghosh (Neri Pozza), Mutilata di Khady (Cairo Editore). (forse il punto uno cozza con il punto 2, ma vabbé...)
Per la cronaca, avevo altri libri addosso: Riconoscersi di Fabio Quassoli (Cortina), Bastenier/Dassetto, Immigration et espace public, L'Harmattan, Dan Bechman, Ville et immigration, Prière d'insérer (L'Harmattan), Mariangela Giusti, Esistenze migranti a Milano e provincia, David Morley, Home territories. Media, mobility and identity, Routledge, Young Yun Kim, Becoming intercultural, Sage, Heidrun Friese, Identities. Time, difference and boundaries, Bergham. In tutto dodici libri a spasso per Milano. Che so, magari mi danno il premio Bancarella.