cultura materiale #1
Quest'anno ho ricominciato a fare fotografia ma con uno spirito molto diverso da quello che usavo in precedenza, riflettendo su una modalità etnografica, profonda, di fare foto, che possa provenire dalla conoscenza di usi culturali, della vita in un luogo, e allo stesso tempo contribuire a fornirne indizi. Non ciò che salta più agli occhi in quanto indice stereotipato di identità e diversità, ma ciò che è nascosto nella sua banalità, eloquente nella sua significatività. Ho fotografato segni di cultura, oggetti legati a usi, immaginando nel guardarli e nel fotografarli corpi e gesti che usano gli oggetti, conferendo loro significato e rendendoli fotografabili, anzi da fotografare. Un'estetica dell'immagine che la leghi al racconto di un mondo di gesti e di usi.
Ad esempio questi variopinti oggetti di plastica sono quelli che i tunisini usano per le pulizie intime in mancanza del più tecnologico spruzzino, un tubo d'acciaio dall'energico getto d'acqua. La carta igienica è una introduzione recente, e ancora poco usata, ispira diffidenza e fa pensare che noi occidentali siamo sporchi. E' sempre l'acqua che lava e purifica in Tunisia, acqua che cola a rivoli fuori dalle porte delle case e dei negozi, satura di candeggina per disinfettare. Ognuno pulisce lo spazio, sgomberandolo dalle sporcizie sospinte in avanti dal flusso dell'acqua. Mi ricordo le camminate mattutine impregnate di quest'odore di candeggina che segnava l'inizio dell'attività quotidiana, suono di preghiere salmodiate che fuoriesce dai negozi e dai piccoli bugigattoli del suq, donne che puliscono a piedi nudi rinfrescandoli nell'acqua, una folla di gente indaffarata e in movimento sui marciapiedi, ritmi come ovattati, tutto il miscuglio di odori che appartiene ad un luogo, e ad uno solo. Una cultura legata al rito religioso delle abluzioni, pulizia interna ed esterna al tempo stesso, purezza. Separare ciò che è pulito, nadhif, da ciò che è sporco, msah, riordinando e classificando incessantemente il mondo. Un semplice e umile oggetto d'uso porta dietro di se una cosmologia, rimanda a tecniche del corpo e habitus, sensorialità ai quali siamo stranieri e talvolta resistenti.