dalle parti del Bou Kornine
Domenica sarò qui, nella città del Bou Kornine, o Garnine, come dicono i tunisini del Sud. Sembra che qualcuno abbia ritenuto che valesse la pena di pagarmi un biglietto aereo e un soggiorno a Gammarth per partecipare ad un convegno sull'immigrazione (intanto sono ancora intenta a incollare pazientemente frammenti come in un mosaico, e allo stesso modo il disegno prende lentamente forma nella struttura già tracciata, io lo guardo con lo stupore di ogni scoperta e il senso di compiacimento che si ha per le proprie creature).
Nei primissimi anni del 1900, l'intellettuale tunisino Sadok Zmerli paragonava questo monte, la cui vista caratterizza il panorama di Tunisi a partire dal lago che sfocia nel mare della Goulette, fino a tutta la costa nord, al Vesuvio e al Fujiama. Molto prima che venisse inventato il termine globalizzazione, persone cone Zmerli avevano una vasta cultura e una mentalità cosmopolita, e guardavano già all'Occidente per trarne quello che vi trovavano di buono. Uno degli articoli scritti da Zmerli parla di Sidi bou Said, un piccolo villaggio della costa nord di Tunisi appollaiato sulla cima di una collina rossa a strapiombo sul mare. Zmerli ne citava i magnifici colori, l'origine dovuta allo stabilirsi di un santo in questi luoghi, la passione del Barone d'Erlanger per questo villaggio, per il misticismo di cui era impregnato, per la musica araba, su cui scrisse un'opera in sei volumi considerata ancora fondamentale, tanto da costruirvi un magnifico palazzo, morirvi ed essere ancora ricordato con attaccamento nella memoria orale degli abitanti. I colori, dicevo. Nasceva allora, in seguito ai resoconti di viaggio degli europei, quell'estetica del paesaggio che poi verrà trasfusa nel turismo contemporaneo. Nel 1915 circa d'Erlanger otteneva la patrimonialzzazione di Sidi bou Said, e ne faceva dipingere di azzurro le porte prima verdi e gialle, in quello che diverrà un processo di invenzione della tradizione. Oggi il villaggio di Sidi bou Said è infatti apparentato alla Grecia per il bianco a calce delle case e l'azzurro "tipicamente" mediterraneo, ma quasi nessun turista assiste a quello che per gli abitanti del villaggio rimane un avvenimento di fondamentale importanza. La Kharja, l' "uscita", la processione pubblica dei membri della confraternita 'Aissauia, che cadono in trance identificandosi con animali simbolici e inghiottendo chiodi, pezzi di vetro, e facendo a brani foglie di fichi d'India. Io a questa processione ho assistito quattro volte.