Torino #3. Di centri e di periferie
Ero oramai piuttosto stremata dall'assistere ai dibattiti lingotteschi quando sono entrata, con molto ritardo, nella Sala Rossa, brandendo un pessimo hot dog alla senape che decisamente strideva con la mia strepitosa giacca di shantung rosso di taglio orientale, per ascoltare Franchini, De Silva, De Cataldo, Di Francia, parlare di periferie. Eh sì, la bouffe lingottesca è atroce ma io svenivo dalla fame. Mentre venivo guardata con perplessità dal costumato pubblico sbranare il mio panino, ho preso queste brevi note: "c'é bisogno di narrare i margini, le periferie, standoci dentro", che non mi ricordo chi l'abbia detto. Si era oramai alla discussione finale, ed è intervenuto Diego de Silva. Ora, da una rapida ricerca su Internet vengo a sapere che De Silva ha anche vinto dei premi per i libri scritti. Mi sto chiedendo se valga la pena dare loro un'occhiata per modificare l'opinione che mi sono fatta di lui, o meglio della sua figura pubblica, sentendolo parlare. Perché De Silva ha cominciato a dire che lui proprio non sopportava la trappanaggine del modo di vestirsi degli abitanti di periferia che volevano fare gli eleganti, e che ora nelle periferie stavano cominciando a sorgere questi bar pezzottati che imitavano il centro, mentre lui aveva nostalgia delle vecchie periferie-periferie, quelle che mostravano tutta la loro perifericità, suppongo. E visto che si parlava di confini beh, mi sembra che a De Silva piacciano belli netti. Ora la sottoscritta, che ha letto con adorazione e assimilato in corpore tutta La distinzione di Bourdieu, ha visto accendersi la lucina (o piuttosto il drappo) di color rosso che indicava il punto di vista sociale da cui veniva pronunciato questo giudizio. E poiché la stanchezza di solito ne fa precipitare l'autocontrollo sugli istinti bellici, è sobbalzata sulla sedia mentre masticava il panino (che ineleganza) esclamando "ma questo è un punto di vista di classe!!". Già, perché chi decide che la periferia "imita" il centro se non qualcuno che parla dal punto di vista del centro?
Alla conclusione del dibattito, finito a tarallucci e vino con uno scambio di lepidezze sui reciproci pregiudizi e stereotipi tra salernitani e napoletani, la Zucconi che moderava il dibattito ha chiesto se ci fossero interventi. Io ero in spirito troppo polemico e ho deciso di non parlare. E poi c'é stato tutto un assembrarsi di scrittori ed editor/i di qua e di là che si salutavano e si scambiavano amabili convenevoli. Mi avvio a scrivere sulla mia lavagnetta mentale "la prossima volta sarò più diplomatica" cento volte, e magari andrò senza panino che fa precipitare il tasso di credibilità. E nel frattempo curiosità mi punge. Ma De Silva, dove abita? A Roma, credo, perché mi è capitato di leggere un suo articolo, di cui ancora mi sfugge dove volesse arrivare, sui napoletani che abitano a Roma e che stanno tutti lì a ciondolare. Meno male che c'é anche De Silva, a Roma, a osservarli.