l'assoluto e la bellezza
Sembrano fatte per carezzare i sensi e lo spirito, serate come questa. Al teatro Dal Verme, la prima tranche della Milanesiana della mia stagione, con Orhan Pamuk e Jordi Savall. Di Pamuk, altri, con molta più competenza letteraria della sottoscritta, e una conoscenza quasi completa dell'opera dello scrittore, che invito caldamente a leggere (nel dubbio: entrambi), parleranno molto meglio di me (o forse, penso immodestamente, solo diversamente). Rimpiango di non aver portato un taccuino, mi aspettavo una conversazione canonica sull'opera di Pamuk e magari sull'attualità, mentre quello che considero uno dei pochi scrittori contemporanei ancora in grado di creare capolavori letterari ha donato al suo pubblico una vera e propria lectio, fatta di ragionamenti lucidi e affilati come una lama di coltello, limpidi come acque cristalline, mostrando una profonda capacità di compenetrazione del testo letterario. Pamuk ha dapprima citato i suoi scrittori preferiti, Proust, Mann, Dostoevskij, rivelando una forte percezione visiva ed estetica del testo, cosa che poi non stupisce chi abbia letto Il mio nome è Rosso (che io ho apprezzato in traduzione francese), dalle cui pagine fuoriescono incantevoli miniature, disegni che aspirano a dare un'idea della perfezione del mondo di creazione divina, e nel quale ogni cosa, per questo, non può essere cambiata, ma è destinata ad essere disegnata sempre al medesimo modo. E descrizioni sottilissime del processo della creazione delle miniature, tanto sottili quanto le descrizioni dei personaggi del polifonico romanzo, e la trama di una fosca catena di delitti che tiene avvinti fino all'ultima pagina. Nella decadenza di queste tradizioni iconiche per motivi di ordine religioso Pamuk vede un avvicendamento storico di decadenza e oscurantismo. Lo scrittore si è dedicato soprattutto a Dostoevskij, i cui personaggi, lui dice, aspirano all'assoluto pur sapendo di non potervi riuscire. Nel complesso rapporto di attrazione e repulsione per l'Occidente e le teorie illuministiche del protagonista delle Memorie del sottosuolo Pamuk legge finemente, addentrandosi nella biografia dello scrittore, lo stesso dilaniamento dell'autore, avverso non tanto ai principi filosofici e culturali occidentali quanto ad una cieca aderenza ad essi; e in fondo il suo, di Pamuk, dai cui libri affiora sempre il rapporto ambivalente con l'Occidente. Proprio da Dostoevskij è nata per Pamuk questa vena narrativa che oggi impregna tutta la letteratura postmoderna e postcoloniale, che si è appropriata, riformulandola, interrogandola, ampliandone gli orizzonti e complessificandoli, rendendoli più stridenti e meno composti, di quell'arte del romanzo che è di origine e tradizione europea. Ho amato molto la lucidità e nitidezza di pensiero, la compostezza di questo scrittore.
Jordi Savall, maestro di viola da gamba, mio strumento prediletto insieme al violoncello, è da lungo tempo uno dei miei musicisti preferiti, che mi ha fatto conoscere molti anni fa compositori come Juan del Encina e Alfonso X el Sabio. In questa serata ha eseguito alcune Folias e Romanescas di Diego Ortiz, musiche di Tobias Hume e dell'eccelso Marin Marais. Ora, qui accanto a me, giace la copertina di Suite d'un gout étranger (con circonflesso sulla u), pièces de viole du IV livre, 1717 (Aliavox). I tocchi profondi della viola da gamba mi avvolgono le viscere incapsulandomi in una membrana protettiva. Ristò avvolta dalla musica, e le mie membra ne accarezzano le vibrazioni, compenetrandovisi. Forse che la musica non rintocca nei nostri organi interni, nel nostro corpo? Dei musicisti di cui ha interpretato la musica, Jordi Savall ha detto che "erano persone che hanno dedicato la vita alla ricerca della bellezza". Io spero che in qualche modo lui, e loro, siano (stati) ricompensati per la bellezza che hanno profuso così generosamente, e che puntella il mondo, così come quella dei libri di Pamuk.
Questo che ascolto e altri magnifici dischi, tra i quali si trovano le musiche che ho ascoltato stasera, si possono trovare alla libreria Largo Mahler di via Conchetta 2 a Milano, o sul sito www.largomahler.it. E come al solito ho scritto un post più lungo che nelle mie intenzioni.
8 commenti:
trovata da carol
soero che diventeremo blogamici stef
www.stefanomassa.splinder.com
:))))))))
ciao stefano, benvenuto, un brindisi alla poliblogamia :))
Non avendo la tua fortuna mi sono limitato a leggere gran parte del suo intervento riportato su Repubblica
Io, però, amo molto di più Dostoevskij di Tolstoi e proprio per quello che Pamuk ha sostenuto
il bisogno di Dostoevskij di assoluto e nello stesso tempo il bisogno di demolirlo...
Sto leggendo in questi giorni Neve
Concordo con te che Pamuk sia uno dei pochi a scrivere un Romanzo con la R maiuscola!!!
Buona giornata!!!!!
bene mirco, allora sei vigorosamente invitato a scrivere qualcosa su Tolstoi su Kalimat, dai, ogni tanto, dì qualcosa di serio, mi farebbe piacerissimo!! ;)
Barbara, ho beccato quell'altro che ti scriveva...Vedessi che orecchie rosse glio ho fatto!
per colpa della tua divulgazione ora devo assolutamente procurarmi dei libri di Pamuk, quanto al violoncello!Ah è un dono che Dio ha fatto ai suoi figli prediletti e le violoncelliste ah! Le violoncelliste!...E ora, in libreria! :)* DEK
ma sei terribile!!!! ieri però non c'erano sbocconcelliste... Il mio nome è rosso è un libro magnifico, credo dovrebbe piacerti, secondo me è meglio leggerselo in francese. :)***
(bacio alla russa).
sempre bellissimo quello che leggo qui. e solo adesso ti rispondo : si, sono in Burkina Faso.
ciao che piacere vederti qui, mi fa piacere scrivere qualcosa di bello per gli altri, ma anche tu lo fai :), passerò da te per vedere cosa fai appena sarò un po' più libera, è bello essere lì no? un abbraccio
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